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di Olivier Assayas, con Christine Boisson, Bernard Giraudeau, Sophie Aubry, Judith Godrèche, Philippe Torreton
(Francia, 1992)
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Uno stile visuale coerente, ed anche seducente: focali lunghe, primissimi piani, pellicola dalla grana grossa che invade un cinemascope rotto da suoni iperbolici. Ed un uso sapiente della luce, la scelta degli ambienti, un universo estetico. Incollato alle sue due protagoniste (Sophie Aubry e Judith Godrèche) Assayas segue il malessere di due sorellastre che s'incontrano per la prima volta: sensibilità della Aubry, magazziniera determinata in un supermercato, la visita nell'appartamento dell'avvocato (Bernard Giraudeau) che fa le veci del padre, lo svenimento, il corpo della ragazza che giace semi-incoscente sulla moquette. Con una libertà espressiva che è il risultato dell'eredità dei Bresson, Godard, Téchiné . Peccato che a monte affiori più del sospetto di una sceneggiatura confusa, di personaggi manicheisti che sbucano improvvisamente dal nulla, per scomparire per un po' di tempo. L'itinerario dei personaggi si fa prolisso, compiaciuto, letterario. Ci sono sempre delle intuizioni estetiche: ma le motivazioni traducono le legittimi aspirazioni e preoccupazioni tradizionalmente omosessuali (l'assenza del padre, l'onnipresenza della madre, la problematica di due sorelle che s'ignoravano, l'avvocato che rappresenta e sostituisce il padre anche nei rapporti incestuosi, l'impossibilità e la solitudine nell'atto sessuale, tradotto nel tradizionale, scontatissimo accoppiamento frettoloso da tergo...) in un un déjà vu ideologico, un velleitarismo irritante e risaputo. Rimane l'impressione di una padronanza estetica (valorizzazione fotografica dei personaggi, degli ambienti) e di una confusione ideologica: l'impossibilità di condurre un discorso scavato, essenziale, comprensibile su delle aspirazioni di certo legittime, ma schematiche.
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Il film in Internet (Google)
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Per informazioni o commenti:
info@films*TOGLIEREQUESTO*elezione.ch
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capolavoro
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